Da allora, il legame con la terra e i vini qui prodotti non ha più abbandonato la famiglia. Attraverso le generazioni e le sfide quotidiane a cui la montagna sottopone i suoi abitanti, gli Anselmet hanno dedicato la loro esistenza alla terra e ai filari, tramandando un sapere artigiano che, con il tempo, si è arricchito delle esperienze, degli incontri e delle conoscenze accumulate dai suoi componenti.
Il mio primo maestro è stato il canonico Joseph Vaudan.
Da lui ho imparato a che il vino non è frutto del caso, ma un confronto continuo tra l’uomo e la natura.
Giorgio Anselmet
Da una viticoltura improntata alla sussistenza e al consumo famigliare, spesso finalizzata alla produzione di prodotto sfuso come merce di scambio per i prodotti delle alte valli, il “fare vino” degli Anselmet si è evoluto, specializzato e razionalizzato, imparando, giorno dopo giorno, vendemmia dopo vendemmia a conoscere le caratteristiche dei terroir della Valle d’Aosta, dei vitigni autoctoni, del clima e delle delicatissime relazioni che uniscono il lavoro dell’uomo al duro, impervio e faticoso ambiente di montagna.
Un passo in avanti

Fu nel 1978 che
Renato Anselmet, ereditate le vigne dal padre Enrico, decise di proseguire la tradizione di famiglia, compiendo un passo in avanti. Scelse di produrre vino secondo standard qualitativi più rigorosi, privilegiando la qualità alla quantità. Dalla secolare vigna degli Anselmet a Villeneuve produsse le prime 70 bottiglie, parte delle quali furono apprezzate e acquistate dai ristoratori della zona. A partire dagli anni ’90, Renato acquistò nuovi appezzamenti e si iscrisse alla giovane
Associazione Viticoltori di Villeneuve, di cui divenne presidente, contribuendo a
scambiare idee, rifiutare superstizioni e raccogliere consigli su come elevare e migliorare i vini prodotti in Valle.
La passione dei pionieri

La passione per la vigna e la curiosità dei pionieri: sono questi i doni che Renato Anselmet ha trasmesso al figlio Giorgio, che oggi conduce l’azienda con la moglie Bruna Cavagnet e i figli Henri, Stephanie e Arline. Un apprendistato fatto di esperimenti, errori, ripensamenti, viaggi, assaggi e, soprattutto, incontri decisivi. Il primo dei quali con il canonico
Joseph Vaudan, docente dell’Institut Agricole Régional, dove Giorgio intraprese gli studi. La lezione di Vaudan, tutt’ora alla base della nuova viticoltura valdostana, fu la
scintilla di una nuova consapevolezza: il vino in Valle d’Aosta non era più il frutto del caso, ma di un continuo confronto umano, scientifico e tecnologico con le rigide condizioni imposte dalla montagna. Le tradizioni ereditate dalla cultura contadina potevano incontrare le più moderne tecniche agronomiche e di vinificazione per produrre vini orgogliosamente identitari e qualitativamente ineccepibili, frutto di continue sperimentazioni e incessanti prove. Vaudan dimostrò che la Valle d’Aosta poteva essere una grande regione vitivinicola e che i vini di montagna, interpretati da
vigneron desiderosi di mettersi in gioco, potevano trovare un’espressione personale e una qualità pari alle più prestigiose regioni vitivinicole del mondo.